Fiore all’occhiello del Borgo Durbecco, il corteo storico conta circa 100 figuranti in costume di epoca medievale e rinascimentale, con riferimenti al periodo della Signoria dei Manfredi che governarono Faenza tra la fine del 1400 e i primi decenni del 1500. La composizione del corteo si differenzia per il torneo della Bigorda d’Oro e per il Palio del Niballo, di seguito potete leggerne la descrizione completa.
Il Cavaliere giostrante apre la sfilata del Corteo Storico di Borgo Durbecco; a lui i Borghigiani affidano le loro speranze di vittoria.
Segue il gruppo musici, composto dalle chiarine e dai tamburi, componente fondamentale del Corteo Storico. Il ritmo cadenzato dei tamburi unito allo squillo delle chiarine evoca in chi lo ascolta suggestioni profonde alle quali è difficile resistere.
Gloria e vanto del Borgo Durbecco è il gruppo sbandieratori intitolato a Fra’ Sabba da Castiglione, Cavaliere di Malta e Gerusalemme, che visse nell’antica Magione della Commenda, ove ora ha sede il Borgo Durbecco. Da più di trent’anni questo gruppo continua a mietere allori nella difficile arte del Giuoco della Bandiera, sia nella città di Faenza sia nelle competizioni con altre città.
Dopo musici e sbandieratori si apre la sfilata delle figure storiche, prima delle queli è il Capitano degli Armati. Nel Medioevo e nel Rinascimento il Capitano degli Armati era la massima autorità militare, a lui erano affidati tutti i compiti di sorveglianza e di difesa della Comunità. Il Capitano degli Armati di Borgo Durbecco indossa una pesante cotta composta da 20.000 anelli di ferro pazientemente intrecciati. La sua armatura è completata da un elmo detto “Barbuta alla Veneziana” con rifiniture dorate, ricostruito su modelli dell’ultimo periodo del ‘400 e da una pesante scimitarra anch’essa ricavata da modelli dell’epoca.
Dopo il Capitano è la volta del Portagonfalone. Il Gonfalone non è solo una stoffa meravigliosamente ricamata a mano, ma è il simbolo stesso di Borgo Durbecco, attorno al quale tutte le genti del Borgo si riconoscono e si stringono. Al centro del Gonfalone campeggia il ponte con le torri che dal 1959 con la ripresa del Palio rappresenta lo stemma di Borgo Durbecco. Di scorta al Gonfalone ci sono due soldati armati di balestra. La balestra era l’arma più potente in dotazione alle fanterie medievali e rinascimentali, tanto che i balestrieri costituivano corpi scelti. La potenza della balestra era tale che i “verrettoni”, le speciali frecce lanciate dall’arma, riuscivano a perforare le corazze di metallo.
Si procede con il gruppo dei fanciulli, che rappresentano il futuro del Rione: impegnandosi nel gioco costruiscono le basi degli uomini che saranno. Attente al portamento e all’educazione invece, le fanciulle si dilettano nella danza.
Il Priore è la massima autorità di Borgo Durbecco, sovrintende a tutte le attività del Rione durante l’anno e rappresenta di fronte alle Autorità pubbliche il popolo del Borgo, che liberamente lo elegge. Nel periodo che precede il Palio si adopera perché tutto Borgo Durbecco sia teso alla conquista del Drappo del Palio. Durante la sfilata ha il compito di mantenere l’ordine fra i suoi rionali.
Al fianco del Priore sfila la Dama, che indossa uno stupendo abito in damascato avorio con sopravveste in damascato bronzo bordata in oro. La scortano due damigelle che rappresentano le donne di corte, compagnia della dama e dei bambini. Indossano abiti in damascato e cotone.
Seguono due importanti figure per la vita civile del Borgo. Il Camerlengo o Maestro della Camera del Tesoro era colui al quale era demandata la custodia dei beni e delle ricchezze, compito quindi molto gravoso e di grande responsabilità, perciò reca con sé un rotolo di pergamena strumento del suo lavoro. Il Gonfaloniere, titolo che in origine era dato a colui che doveva custodire il Gonfalone, all’epoca delle Signorie passò a indicare il magistrato al quale erano affidati i compiti di sostegno e difesa dei diritti del popolo.
La sfilata di Borgo Durbecco prosegue con tre valletti che recano le bandiere con gli stemmi delle tre porte del Borgo. Quando Astorgio Manfredi, Signore di Faenza concluse la costruzione delle mura della città, volle che anche il Borgo Durbecco fosse coronato di mura. In questa cinta si aprivano tre porte dette: porta Casaretta, rivolta verso la città, porta Candiana o del Quadrone dall’antico ponte romano, che si apriva a nord, e porta dell’Ospitale (per la vicinanza dell’ospedale dei Cavalieri di Gerusalemme), tuttora esistente, che si apre a est verso Forlì, che prese il nome attuale di Porta delle Chiavi dall’episodio dell’offerta delle chiavi della città a Costanza Varani sposa di Carlo II Manfredi.
Chiudono il corteo quattro armati di scorta con corazzina e alabarda. I Rotellini infine sono figure che hanno il compito di tenere l’ordine tra i figuranti durante la sfilata del corteo.
Il Cavaliere giostrante apre la sfilata del Corteo Storico di Borgo Durbecco; a lui i Borghigiani affidano le loro speranze di vincere il Palio.
Segue il gruppo musici, composto dalle chiarine e dai tamburi, componente fondamentale del Corteo Storico. Il ritmo cadenzato dei tamburi unito allo squillo delle chiarine evoca in chi lo ascolta suggestioni profonde alle quali è difficile resistere.
Gloria e vanto del Borgo Durbecco è il gruppo sbandieratori intitolato a Fra’ Sabba da Castiglione, Cavaliere di Malta e Gerusalemme che visse nell’antica Magione della Commenda, ove ora ha sede il Borgo Durbecco. Da più di trent’anni questo gruppo continua a mietere allori nella difficile arte del Giuoco della Bandiera, sia nella città di Faenza sia nelle competizioni con altre città.
Il Cavaliere di San Giovanni apre la sfilata delle figure storiche. La figura del cavaliere ospitaliere di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi (poi di Malta), che avevano sede nella Magione, rappresenta il Capo delle Guardie cioè la massima autorità militare di Borgo Durbecco. Il Cavaliere di San Giovanni è ispirato al dipinto del Pinturicchio presente nella Cattedrale di Siena. Il Cavaliere veste un’armatura intera composta di bracciali, gambali, petto e schienale e porta una celata all’italiana con piuma di struzzo. Il suo mantello è di velluto naturale ricamato a mano, porta le insegne dell’ordine cavalleresco di San Giovanni.
Segue il Cavaliere di San Giovanni il Massaro della Commenda, colui al quale era affidata la custodia e la gestione dei beni materiali della Commenda di Faenza.
Dietro di lui sono i due Fratelli d’Armi (o Sergenti) dell’Ordine Giovannita di Rodi, recanti le insegne dell’Ordine, armati di spada e picca. I Sergenti hanno funzioni di scudieri e di protezione del Cavaliere. I Cavalieri Giovanniti costituivano la più importante presenza armata del Borgo ed avevano sede nella chiesa della “Maison” (Magione, poi detta Commenda) fin dal 1319.
Dopo il Cavaliere e i suoi Sergenti è la volta del Portagonfalone. Il Gonfalone non è solo una stoffa meravigliosamente dipinta, ma è il simbolo stesso del Borgo, attorno al quale tutte le genti del Borgo si riconoscono e si stringono. Al centro del Gonfalone campeggia il ponte con le torri ed ai quattro angoli gli stemmi delle quattro porte che si aprivano nella cerchia delle mura del Borgo: Porta Ponte, Porta Torretta, Porta Candiana e Porta dell’Ospitale (l’odierna Porta delle Chiavi).
Di scorta al Porta Gonfalone vi sono quattro fanti armati con alabarda e corazzina.
Di seguito troviamo gli ufficiali addetti alle Porte Borghigiane: Casaretta, dell’Ospitale e Candiana (o del Quadrone). Il Borgo Durbecco: “una piccola città nella città” (come la descrivono Messeri e Calzi in “Faenza nella storia e nell’arte”) è la chiave di lettura della realizzazione dei tre costumi degli Ufficiali e dei rispettivi portainsegne delle porte, ai quali era affidata appunto l’apertura e chiusura delle stesse. Gli ufficiali di Porta dell’Ospitale e di Porta Candiana sono tratti dal “Risanamento del cieco e sordomuto” del Perugino, Storia di San Bernardino, Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia, mentre l’ufficiale di Porta Casaretta è tratto dall’affresco della Chiesa di San Francesco, Arezzo, “L’adorazione del sacro legno e l’incontro di Salomone con la Regina di Saba”, 1452, Piero della Francesca.
La sfilata prosegue con tre valletti che recano le bandiere con gli stemmi delle tre porte del Borgo. Quando Astorgio Manfredi, Signore di Faenza, concluse la costruzione delle mura della città volle che anche il Borgo Durbecco fosse coronato di mura. In questa cinta si aprivano tre porte dette: porta Casaretta, rivolta verso la città, porta Candiana o del Quadrone, che si apriva a nord, e porta dell’Ospitale (per la vicinanza dell’ospedale dei Cavalieri di Gerusalemme), tuttora esistente, che si apre a est verso Forlì, che prese il nome attuale di Porta delle Chiavi dall’episodio dell’offerta delle chiavi della città a Costanza Varani sposa di Carlo II Manfredi.
Segue poi la figura del Gonfaloniere. In origine il titolo era dato a colui che doveva custodire il Gonfalone del proprio territorio, poi all’epoca delle Signorie passò a indicare il magistrato al quale erano affidati i compiti di sostegno e difesa dei diritti del popolo.
Il Priore è la massima autorità di Borgo Durbecco, sovrintende a tutte le attività durante l’anno e rappresenta di fronte alle Autorità pubbliche il popolo Borghigiano, che liberamente lo elegge. Nel periodo che precede il Palio si adopera perché tutto Borgo Durbecco sia teso alla conquista del Drappo del Palio. In occasione del 46° Palio del Niballo è stato rinnovato il costume del Priore, per il quale ci si è ispirati a una figura della “Adorazione dei Magi“ di Domenico Veneziano sito oggi nei musei di stato di Berlino. La scelta non è stata casuale poiché l’opera figura tra le fondamentali del primo rinascimento italiano. Per quanto riguarda il suo palafreno (dal tardo latino: Paraveredus) – cavallo in uso durante le grandi parate in epoca medioevale – per la realizzazione della gualdrappa ci si è ispirati a una delle figure del “Gioco dei Tarocchi “ di Bonifacio Bembo, mentre per la sella e i finimenti l’ispirazione è venuta dal cavallo di Ludovico III Gonzaga dall’opera “Famigli con cavallo e cani“ di Andrea Mantegna (Palazzo ducale – Mantova).
A fianco del Priore sfila la Dama di Borgo Durbecco, che indossa uno stupendo abito di broccato di seta operato. Per la realizzazione del costume della Dama borghigiana c’era l’esigenza di individuare un’immagine che permettesse di mantenere la tradizione (caratteristica di Borgo Durbecco), e quindi di un abito che facesse quasi da coperta alla schiena del cavallo. E’ stato scelto come struttura principale l’abito in tessuto operato che proviene dall’opera “Storia di Elena“ di Dario da Treviso. La gualdrappa è invece ispirata, per valorizzare la leggiadria e l’eleganza femminile, a quello splendido progetto depositato presso la British Library, pur mediandone le forme con la struttura tipica delle gualdrappe quattrocentesche ben rappresentate nelle opere di Paolo Uccello e Andrea Mantegna. I rispettivi palafrenieri di Dama e Priore sono tratti dalle figure dell’opera “Adorazione del Sacro legno e l’incontro con la regina di Saba“ di Piero della Francesca (chiesa di S. Francesco – Arezzo). La Dama è poi scortata da una coppia di Damigelle, che rappresentano le donne della corte e la compagnia della dama. Indossano abiti in damascato e cotone.
La figura degli Archibugieri è ispirata a un manoscritto italiano del XV secolo che ritrae Massimiliano Sforza scortato da due armati mentre cavalca per le vie di Milano. L’archibugio, e più in generale le armi da fuoco, vede il suo sviluppo per tutto il XV° secolo, assumendo sempre più importanza sostituendo la balestra, in forza della sua maggiore economicità e facilità d’uso anche da parte di tutte le truppe non particolarmente addestrate. Sul finire del XV° secolo l’archibugio rappresenta quindi perfettamente l’arma dei fanti più poveri, capaci di difendersi dai cavalieri super corazzati, rendendoli in grado di colpire a sufficiente distanza, tanto da colmare il grande divario tra il fante semplice e poco addestrato ed il nobile cavaliere, quasi sempre di mestiere, addestrato e corazzato. Val la pena di ricordare che spesso agli archibugieri caduti prigionieri in battaglia era mozzata la mano destra, perché la loro arma, uccidendo a distanza i cavalieri, “sporcava” la nobiltà degli scontri di cavalleria.
A seguire troviamo il Gruppo della Rocca di Oriolo, capitanato dal Capitano della Rocca e dal Gonfalone rosso con la croce di S. Andrea bianca recante la scritta AUREOLUM e due bisanti d’oro. CASTRUM AUREOLUM è una delle più antiche rocche del Faentino e per la sua struttura (una delle più caratteristiche) le prime notizie di questo fortilizio risalgono a prima dell’anno 1000. Nell’anno 2014 il Gruppo di Oriolo viene definitivamente rinnovato, a termine di un progetto cominciato negli anni precedenti. Il Gruppo è composto da un Capitano della Rocca – Capo Guardia del Castello di Oriolo, armato di spada a una mano e mezza, veste un’armatura e un elmo detto “Barbuta alla Veneziana”, ispirato all’Armatura completa di Federico II da Montefeltro (pala di Brera 1472 – 74, opera di Piero della Francesca) dal Porta Gonfalone, tratto dalla serie di personaggi di “Borso d’Este e la sua Corte” di Francesco Cossa a Palazzo Schifanoia in Ferrara, dal Castellano, tratto da “L’adorazione dei Magi”, opera di Domenico Veneziano del 1430 – 35 attualmente a Berlino nei musei di Stato, e dalla Castellana, figura fortemente ispirata alla “Madonna della Candeletta”, splendida donna di Carlo Crivelli (1490); questa scelta, essendo di datazione un po’ lontana rispetto a quella del suo compagno, è sicuramente un po’ forzata ma chi si è operato nella ricerca e nella realizzazione dei bozzetti è stato conquistato dai colori con cui è vestita, i quali si abbinano perfettamente con il rosso ed il nero del Gonfalone di Oriolo.
Di scorta al gruppo di Oriolo ci sono quattro uomini che indossano un farsetto blu, portano un elmo e sono armati di balestra. La balestra era l’arma più potente in dotazione alle fanterie medievali e rinascimentali tanto che i balestrieri costituivano corpi scelti, la potenza della balestra era tale che i “verrettoni”, le speciali frecce lanciate dall’arma, riuscivano a perforare le corazze di metallo.
Chiude il corteo una rappresentanza popolare che in occasione della festa dei Santi Pietro e Paolo si uniscono agli uomini di corte omaggiando gli stessi dei frutti del loro lavoro. I Rotellini infine sono figure che hanno il compito di tenere l’ordine tra i figuranti durante la sfilata del corteo.